Quando la casa editrice Einaudi aveva altri progetti culturali, Giulio Einaudi - tra le altre imprese - diede alle stampe l'
Enciclopedia, opera attuale e contemporanea sia per i contenuti sia perché anticipò il sistema oggi in uso come
rete.
Ricordiamo tutti lo schema - utilizzato anche come veicolo informativo-pubblicitario - della chiave di lettura concatenata delle singole voci.
Quello stesso schema oggi è diventato il web.
Una casa editrice di Macerata, la
Quodlibet, rinverdisce, purtroppo soltanto per una sola delle
voci, i fasti dei bei tempi einaudiani andati, pubblicando le riflessioni sulla creatività che furono affidate - evidentemente non senza motivo - a
Emilio Garroni, filosofo eretico di estetica che tratta l’argomento su basi estetiche per come egli ha sempre inteso questa disciplina: non come la branca della filosofia che si occupa del bello e dell’arte ma come filosofia prima e dunque - come ha ricordato anche
Anna Li Vigni dalle pagine del Sole 24 Ore - «la disciplina che studia i fondamenti dell’esperienza cognitiva umana».
Si ritorna così alle origini e a quel
Baumgarten che nel lontano 1750 ha dato nome all’Estetica inventandola di sana pianta e ponendo le basi per una filosofia della conoscenza basata sulla sensibilità intesa come utilizzo delle facoltà sensoriali dell’uomo.
Baumgarten, per dirla con
Renato Barilli parlò di estetica «nome fino a quel momento inesistente, riprendendo però una radice verbale greca
est che significa esercizio dei sensi».
Barilli, nell’occasione, chiarisce il rapporto dell’estetica con l’arte considerando che «la prima obiezione che sento sorgere suonerebbe così: ma questa è arte? Ebbene si può rispondere tranquillamente che no, quella di Cattelan e di tanti altri come lui, non è arte bensì sperimentazione estetica [”¦] al giorno d’oggi il problema principale è quello di pungolare i sensi. [...] Baumgarten lo proclamava apertamente, l’estetica è “conoscenza sensoriale”. Tra le virt๠di questo macro-continente ci metteva pure l’arte, sì, ma non di fare oggetti sontuosi , bensì di “pensare bellamente”».
Nulla a che vedere dunque con la bellezza perché il riferimento era a un pensiero
pulcher nel senso di corretto e non di bello.
Creatività
di Emilio Garroni
Quodlibet, 204 pagine, 16 euro